PROJECT

L’Orchestrina

L’Orchestrina,
Concerto
per vite resistenti

In un non meglio precisato tempo di guerra, una piccola jazz band si sposta di paese in paese per portare un momento di conforto e di svago a soldati e a civili, attraversando piccoli e grandi drammi e insperati momenti di comicità nell’ostinata ricerca di un’irraggiungibile normalità. È un’orchestrina sgangherata e grottesca, che sembra uscire direttamente da un sogno surreale o da un quadro di Bruegel. Un giorno la band giunge in un piccolo paese di montagna, desolato, attraversato da trincee, abitato da pochi superstiti dallo sguardo severo. Forse questa, per i musicisti, è davvero l’ultima piazza. Forse è giunto ormai il momento di fermarsi. Nella notte – che è anche notte dell’umanità – i volti stanchi e sofferenti dei suonatori si specchiano in quelli ancora più rassegnati degli spettatori, mentre una musica dissonante e dolente si stende sul teatro come un sudario. Eppure, proprio nel momento in cui la tristezza sta per sferrare l’uppercut finale, ecco che la musica rivela la sua forza, il suo spirito di libertà, la sorprendente capacità di superare i limiti di uomini vinti, di interrompere l’assordante silenzio e smascherare l’orrore della rassegnazione. Non c’è nulla di consolatorio in questa musica; c’è piuttosto l’inquietudine che anima da sempre l’uomo nella sua faticosa e meravigliosa ricerca di libertà e di verità. Lo spettacolo, liberamente ispirato al racconto “Il sax basso” di Josef Skvorecky e ad altre suggestioni letterarie e sonore, parla, attraverso le note e le parole, di tempi di guerra e di musica, in particolare di musica jazz, del suo fascino proibito, del suo spirito selvaggio e libertario, della sua vitalità gioiosa dal gusto indigesto a qualsiasi forma omologazione, di oppressione e di violenza. Il nuovo progetto della Tiger Dixie Band è il personale contributo alla pace e alla solidarietà tra i popoli; per raccontare, senza retorica, attraverso la voce universale della musica, i tempi non troppo lontani in cui anche i nostri nonni – pur vivendo nelle stesse case che oggi ospitano le nostre prove musicali – erano separati da confini disseminati di cannoni, forti militari e cimiteri, in un’Europa, allora come oggi, alla ricerca della sua anima.

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